LA SITUAZIONE È QUESTA (estratto 50 p.) Romanzo (417 p.).

 


PARTE PRIMA 
SITUAZIONI
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prima
 
Il programma in corso è The Voice e coach Nr. 3, l'ex cantante dei Blu Light, Simon Cangri, è più che impegnato a trovare le parole giuste per estromettere Marta Santin – eccellente cantante, con una voce unica, ma purtroppo in un evidente stato di obesità (indossa un lungo abito nero a tunica, leggermente scollato, con degli strass appariscenti appiccicati alle maniche, corte; un paio di scarpe medio-alte, a punta, nere e lucide, sullo smaltato; delle scarpe si coglie solo la punta: il resto è coperto dalla lunga tunica che scende giù fino ai piedi ricadendo a terra a campana; il vestito, in ogni caso, non pare svolgere al meglio la funzione per la quale è stato creato, e cioè mascherare i rotoli di grasso che sbordano dai fianchi della povera Marta, e per questo motivo la fa sembrare ancora più grassa)  – senza dare l’idea di essersi soffermato più del dovuto sul suo discutibile aspetto fisico (il pubblico da casa non gradirebbe affatto che si discriminasse una concorrente soltanto perché in “evidente stato di obesità”) e così si vede costretto a far ricorso alla più infame delle ipocrisie; ‹~ tu hai una voce che ‘spacca’, dico davvero  ~  cioè, mi piace un sacco ~ ma non so come dirtelo›, ed è qui che Simon Cangri supera se stesso, perché, subito dopo aver pronunciato queste parole, si porta le mani al volto esibendosi in un patetico pianto costruito, una recita pura, quasi a scusarsi per l’”ingiusta”, “non voluta” decisione che suo malgrado sarà costretto a prendere; e poi, con la voce rotta dal pianto [non sta piangendo veramente, come detto, anche se ha ripetutamente chiesto (fa tutto parte della recita) dei fazzolettini e tira su col naso come un rinoceronte raffreddato] ‹io… io devo scegliere Cristina!›. Nello studio piovono i BUUUUUUU dei fan di parte; un ragazzo su di giri (forse si tratta di un amico della famelica) si alza in piedi per manifestare apertamente il proprio dissenso, anche se il regista non è abbastanza attento da suggerire ai cameraman 1 e 2 di inquadrarlo; il giovane conduttore, Paolo Severino, cerca di calmare gli animi; Simon Cangri fa lo gnorri; in questo momento sta parlottando con il coach Nr. 2 (sedia accanto alla sua), la sempreverde, immarcescibile Franca Mira, [ex subrette prima dell’avvento della tivù satellitare e viacavo, per intenderci]; sembrano scambiarsi delle opinioni riguardo la scelta appena fatta dal coach Nr. 3, ovverossia Simon Cangri in persona. Nel frattempo il conduttore sembra avere preso di nuovo possesso dello show [adesso il ragazzo alterato, con fare incazzoso e probabilmente in preda ai fumi dell’alcol, sembra essersi acquietato (è al suo posto)], iniziando un discorso che sa della solita tiritera; praticamente sta punzecchiando i coach [il coach Nr. 4 è Billy Climi, cantautore di successo nei fumosi anni ‘80; di lui si ricorda solo qualche brano  demenziale; tormentoni, insomma, anche se a quei tempi li chiamavano pezzi Yuppie: Ragazzi torno a casa; Mammamia che cielo azzurro; e, la perla… Che noia la scuola!]; nessuno dei quattro sembra scomporsi più di tanto; si allineano alle battute (da copione) e ridacchiano masticando chewingum al mentolo.
 
 
Seconda
 
A qualche chilometro di distanza dagli studi televisivi, Dennis Mandri è reduce da quindici ore non stop di Big Brother (GF) (suo fratello Mike è uno dei concorrenti del reality, e a lui non sembra vero di vederlo in tivù a tutte le ore con la recondita speranza di ricevere un po’ di notorietà di ritorno); ha tracannato otto RedBull (se ne scola dieci al giorno da quando ha chiuso con gli alcolici; in buona sostanza, è passato da una dipendenza all’altra senza neanche accorgersene; il fegato è in subbuglio, per questo, e il suo stato neurologico non è dei migliori, ma poco importa) senza ghiaccio e ora è al terzo caffè di fila; non ha mai staccato un solo attimo gli occhi dal suo schermo LED 40’’, fatta eccezione per brevi momenti in cui ha trovato il tempo di prepararsi il caffè o schiacciare la linguetta inseribile delle lattine. Ha lo sguardo catatonico, gli occhi sono tutt’uno con la luce iridescente mandata dalla tivù accesa; Mike, dentro lo schermo, sembra soporiferizzato da una conversazione; intorno a lui, inanto, si è acceso un vero e proprio parapiglia; i beeep della censura arrivano in ritardo, quando le bestemmie hanno già preso il largo.
 
 
Terza
 
Marta Santin è qualche cosa di più che semplicemente seccata per l’eliminazione; è furiosa, incazzata di brutto, e non manca di manifestarlo, a telecamere aperte, incoraggiata dai suoi [mamma e papà – ambedue con gravi disturbi di alimentazione – hanno assistito alla performance della figlioletta nel backstage del programma; hanno, entrambi, le lacrime agli occhi e sono inviperiti per la decisione presa da Simon], sostenendo di essere stata schifosamente penalizzata e discriminata per via del suo stato di obesità. Suo padre grida ‹vergogna! Vergogna! ~ È tutto uno schifo ~›; il direttore dello show, in cabina di regia, fa un ampio gesto le braccia, come a dire… staccate! staccate!, staccate ora!, e sia cameraman che fonici obbediscono immediatamente all’ordine, allontanandosi e abbassando il livello del sonoro nell’area in cui si trova il padre di Marta, il quale non sembra prendere bene questa battuta in ritirata degli operatori e grida al loro indirizzo ‹vigliacchi, infami, figli di troia!›. Intanto la trasmissione prosegue e Paolo Severino coglie al volo l’occasione per ringraziare tutti coloro che collaborano alla realizzazione dello show, compresi i due scagnozzi che in questo momento stanno accompagnando all’uscita il padre di Marta Santin trascinandolo letteralmente via a mo’ di sacco di cemento. Intanto in studio continuano a piovere fischi perché al pubblico presente non è andata giù la motivazione fornita dall’ex cantante dei Blue Light, cioè coach Nr. 3; tocca propria a lui, a Simon Cangri, a questo punto, alzarsi in piedi e voltarsi verso la folla inferocita cercando di sedare gli animi. Allarga le braccia ricorrendo al suo già ben noto repertorio di frasi fatte sul genere ‹non mi piace quando gli animi si surrrri…scaldano troppo› seguite da ‹adesso state esagerando. C’è un limite a tutto›. Poi torna a sedersi e a borbottare tra sé, sostenuto da coach Nr. 1, Milena Sanni [in arte Milly DJ, lavora per un’emittente radiofonica nazionale, la RDD, oltre che screcciare CD e mixare tracce audio in varie discoteche] dal cui labiale si evince un bravo! bravo! ~ hai fatto bene!
 
 
Quarta
 
Nella Casa del GF Michelina sembra aver fatto da paciere e adesso Carlo e Federico, venuti quasi alle mani dopo un busco alterco, siedono entrambi uno accanto all’altro su un grande pouf multicolore a forma di grande B, dandosi vicendevolmente la schiena;  Mike Mandri – tutto solo in un’isola di spazio che separa cucina e sala di conversazione – si è comodamente appisolato su di un tappeto plastificato; sotto la testa ha un cuscino a forma di cuore  , di una tinta sul giallo canarino. § Dennis, appiccicato alla tivù come una mosca, non è del tutto soddisfatto del fratello, perché lo vorrebbe più attivo, più partecipe; giudica in maniera molto severa l’atteggiamento rinunciatario di Mike e teme che questo, nel corso della diretta, possa nuocergli a livello di immagine. Ma per sua fortuna, Mike Mandri non è in nomination [nell’ultima puntata andata in onda, ha ricevuto tre nomination e fino all’ultimo voto è stato in ballottaggio con Gianni  (uno dei più antipatici concorrenti che si siano visti nelle ormai numerose edizioni del GF), ma alla fine è riuscito a spuntarla grazie al vonto congiunto di due inquiline della casa], quindi può dormirsela della grossa senza tanti patemi.
 
 
Quinta
 
Eva Piccolo è seduta in quinta fila, alquanto distante dal palco dove si esibiscono i cosiddetti talenti emergenti; dalla posizione in cui si trova fatica a distinguere i volti dei concorrenti; inoltre  è in seria difficoltà a mettere a fuoco le scritte [inneggianti la pace, il no-war, no-racism, no a tutto] a neon che lampeggiano a intermittenza rendendo così più spettacolari le varie esibizioni canore; così decide di far buon uso dei maxischermi piazzati ai lati della piattaforma centrale cercando di non perdere di vista lo show live; la sua superamica è appena stata estromessa dalla competizione, sbattuta fuori [ingiustamente secondo il pubblico in studio] da Simon Cangri che, in qualità di coach, si è visto costretto a fare una scelta a suo dire “dolorosa” ma “altresì doverosa”. Qualche metro più sotto rispetto a dove si trova Eva, sulla sua poltrona girevole, dando le spalle a più di tre quarti del pubblico, siede coach Nr. 3; Eva, seduta nel lato corto dello studio, può, anzi potrebbe vederlo dritto in faccia, se potesse vedere realmente una faccia e non una chiazza rosa sfocata in lontananza; per fortuna una delle telecamere della regia lo inquadra, e così Eva lo vede apparire nel maxischermo di fronte a sé; l’atteggiamento dell’ex cantante dei Blue Light non sembra affatto mutato: sta sempre masticando chewingum al mentolo [quando la gomma ha definitivamente perso il sapore la sputa in un fazzolettino, che poi appallottola e lascia cadere a lato della sua postazione (l’appiccicoso composto viene solertemente recuperato da uno dei tanti addetti alle pulizie), quindi se ne ficca in bocca una di nuova  (sempre rigorosamente in confetto)]; vorrebbe, la superamica Eva Piccolo, che Simon Cangri mostrasse qualche segno di pentimento, ma la decisione (“dolorosa”) appena presa sembra non averlo scalfito affatto; anzi, il maxischermo parla chiaro: Simon sta mostrando la sua dentatura irregolare a coach Nr. 2, Franca Mira [che un attimo fa lo ha simbolicamente bacchettato per non aver saputo cogliere il ‘vibrato’ in una canzone di Tiziano Ferro. Simon, da par suo, ha ribattuto che il ‘vibrato’, come lo definiva Franca, non ha più alcuna ragion d’essere nella musica leggera italiana, ché è roba del passato e che farebbe bene ad andarsi a risentire l’intero brano cantato in studio di registrazione proprio da Ferro in persona – e che a quel punto sarebbe resa conto della stronzata che ha detto – cosa che lui ha potuto apprezzare asserendo di essere stato co-produttore del pezzo in questione], e studiando attentamente il linguaggio non verbale del corpo di Simon Cangri in questo momento, ogni dubbio su un  suo ripensamento riguardo la motivazione presa poco prima  sembra ormai fugato.



Sesta
 
La madre di Eva – che sta guardando The Voice alla tivù assieme all’ex marito e alla figlioletta di appena nove anni – non è per niente convinta dell’esclusione dallo show di Marta Santin [lei e la madre di Marta sono sempre state buone amiche, fin dai tempi delle scuole superiori; per un periodo di tempo né troppo lungo né troppo corto si sono… perse di vista, come si dice, ma negli ultimi due anni, soprattutto in virtù dell’amicizia che lega le rispettive figlie, hanno ripreso a vedersi quasi con la stessa regolarità di una volta] e non manca di manifestare il suo sdegno mandando affanculo Simon Cangri; l’ex marito [Michele, detto Mikki, alias per altro riportato a caratteri cubitali nella parte bassa del parabrezza dello Scania V500 di cui è proprietario] si sta gustando uno scotch con ghiaccio – superalcolico al quale in genere accompagna ogni sorta di stuzzichino – non sembrano stare particolarmente a cuore le sorti di Marta Santin, dato che, a suo giudizio ‹una così grassa dovrebbe pensare seriamente a una cura dimagrante›,  mente si pulisce la bocca con la manica della camicia; ‹~ ‘azzo si fa a presentarsi in tivù in quelle condizioni!›, rincarando la dose; la madre di Eva [Ottavia Carini, di professione collaboratrice scolastica] lo fucila con un’occhiataccia, trattenendosi dal dargli apertamente del coglione; ‹non c’è parola per definire quanto tu ~› gli sta per dire, ma preferisce fare un profondo respiro; aggiunge solo che ‹tua figlia sarà triste e delusa ~ di tutto, anche dello show, e tu a che cazzo stai a pensare?›; [Mikki non è esattamente nelle condizioni psicofisiche ideali per pensare di pensare]; ‹dio c… ~ domani mattina mi devo svegliare alle cinque!›; si è alzato da tavola e comincia a guardarsi intorno alla ricerca della bottiglia di scotch; ‹non bestemmiare! ~ non davanti a mia figlia! ~ hai capito, merda?›. Ottavia è scattata in piedi come una molla; la piccoletta, intanto, che sembra già abbondantemente abituata alle alzate di voce dei due, fa notare: ‹mamma! Mamma! ~ Eva Eva ~ Guarda Eva!›. ‹E piantala di bere, che domani mattina devi alzarti per andare a lavorare› rivolta all’ex marito senza dare ascolto alla piccoletta che insiste dicendo ‹è lei è lei, Eva ~ mamma›; ‹ho tirato avanti questa merda di famiglia per anni! Puttana troia! ~ non ho bisogno che tu mi venga a dire cosa devo fare!› crepita Michele girando per la cucina e sbattendo le ante sotto il lavello; ‹mammaaaaa!›; Ottavia, morsicandosi la lingua, si volta verso la piccoletta; ‹che c’è ~ tesoro?›; ‹Eva non c’è più›, e in effetti Eva non è più inquadrata; ha appena finito di dire la sua [una specie di valletta continua a gironzolare fra il pubblico stringendo fra le mani un iPad; cammina senza guardare dove mette i piedi; non può perché deve tenere lo sguardo fisso sulla tavoletta digitale; distoglie lo sguardo solo per qualche millesimo di secondo, e lo fa perché deve buttare l’occhio verso il cameraman e mettersi a favore di telecamera; ed è questo il motivo per cui seguita a inciampare; a ogni passo falso, sopra i suoi tacchi vertiginosi, sbarella pericolosamente, ma non cade mai in modo rovinoso a terra, perché per sua fortuna, o per merito degli spettatori, qualcuno, alzanosi in piedi o semplicemente allungando le mani verso di lei, le impedisce di finire lungo distesa; i maschi in studio ne approfittano per metterle le mani dove non batte il sole, ovviamente, ma la valletta non ci fa caso o, meglio, capisce ma è consapevole che fa tutto parte dello show] riguardo alla decisione precedentemente presa da Simon Cangri, ma è stata subito stoppata da Paolo Severino: ‹~ non mi pare il caso di andare avanti a contestare quella decisione. La scelta è stata fatta ~ non ripassiamoci sopra›, ed  è quando le telecamere virano verso destra che Ottavia chiede alla figlia cosa ha tanto da gridare; ‹non l’hai vista mamma›, seduta sull’angolo del divano e ficcando il mento in un cuscino di velluto; ‹Mikki stai facendo perdere la testa a mamma›, dice lanciando un’occhiataccia a Michele, che nel frattempo è riuscito a recuperare un’altra mezza bottiglia di scotch.
 
 
Settima
 
La puntata di The Voice volge al termine ed Eva Piccolo non è ancora riuscita a parlare con la sua superamica Marta Santin;  non ha potuto raggiungerla nel backstage prima della trasmissione [lì era concesso entrare solo a chi aveva appeso al collo, in bella evidenza, un badge] e adesso che la trasmissione è agli sgoccioli nota che quelli della security sono impegnati a tenere sotto controllo i due accessi diponibili. Mancano giusto una manciata di minuti alla fine: tutti i talenti sono schierati sul palco per i saluti; sul maxiscermo scorrono i titoli di coda, e in cabina di regia hanno già dato il via alla sigla. Siamo ai saluti finali (di questa puntata, è la terza), e la gente attorno a Eva comincia a rumoreggiare. Anche Milena Sanni, coach Nr. 2, è sotto l’occhio del ciclone per via di un’interpretazione valutata in maniera del tutto errata e semplicistica [il fatto è che uno dei concorrenti si era dato un soprannome altisonante, Crash, il che faceva pensare di trovarsi di fronte a un cantante rock o metal, mentre il suo genere era il soul, e questo contrasto apparentemente sgradevole non era andato giù alla DJ, abituata a mix di tutt’altro sapore] adesso deve vedersela con alcuni parenti di Crash che dagli spalti fanno valere la loro posizione, dando della ‹sciacquetta senza arte ne parte ~ DJ fallita e incompetente ~›; Milena, però, non fa alcun caso a loro: continua a conversare serenamente con coach Nr. 2, Franca Mira, ed entrambe danno l’impressione di strafregarsene del cancan sorto intorno. ‹Mio figlio è casa con la febbre altissima›, sta dicendo Franca, ‹e io sono qua in mezzo a questi fanatici›, riferendosi ai supporters dei concorrenti. Milena non ha voglia di sorridere; inoltre è stanca morta; si stiracchia nella sedia e sbadiglia. ‹Che vuoi che ti dica ~ non hanno più rispetto del nostro lavoro. Sempre che lo considerino ancora tale›. Franca Mira si gira verso la platea; intanto Simon Cangri, coach Nr. 3, le butta un braccio intorno al collo e con il cinturino dell’orologio le stacca una delle medagliette attaccate alle spalline; ‹cazzo! Simon! Cazzo! Cazzo! Cazzo! La medaglietta!›, grida Franca vedendosela scivolare sul petto. ‹Non è neanche mia questa maglietta! ~ pppporca troia, me la faranno pagare adesso!›. Simon Cangri, che non sa cosa fare per scusarsi, cerca di porre rimedio al danno fatto dicendole ‹non l’ho fatto a posta ~ cristo! Mi hanno costretto a indossare questo pataccone del cazzo ~ non sono abituato io a portare orologi!›. ‹È bello, però›, fa Milena prendendo la mano di Simon e avvicinandosela agli occhialini viola squadrati. ‹Che intendi dire con costretto?›, a Franca Mira non vanno a genio termini che inducono a imposizioni. Simon Cangri, che ha appena ritratto il braccio, dice: ‹sono uscito dal camerino e un minuto prima che iniziasse la puntata mi si è avvicinato un tizio che mi ha infilato al polso questo Panerai ~ io gli ho detto: ma che cazzo fai ~ la risposta è stata: devi tenerlo su per l’intera durata della trasmissione, poi fanne che cazzo vuoi ~ un secondo dopo, è sparito›. Ridacchia Franca e anche Milena sembra divertita. ‹Ma allora questo significa che puoi regalarmelo›, dice Franca. ‹Tienilo›, in un quarto di secondo si slaccia l’orologio. ‹Consideralo come risarcimento danni per la maglietta rovinata›. Franca lo accetta volentieri; ‹eh, ma così non vale. Te la cavi a buon mercato› e comincia ridere insieme a Milena, a cui pare essere passata la stanchezza. Simon però non sente quest’ultima battuta, perché qualcuno ha richiamato la sua attenzione. ‹Sarò da voi tra un minuto› dice, rivolgendosi a un paio di fans. ‹Ora vado, belle donne, la notte mi attende›. Franca dà un’occhiata più da vicino al Panerai. ‹Non è un granché, a guardarlo bene, varrà su per giù 1000, 1200 euro, non credo di più›. ‹Sciocchezzuole›, commenta Milena, ‹che vuoi che ti regalino, la luna?›. ‹Sì ma, mi domando ~ cioè… chi cazzo lo nota un orologio da polso ~ alla tivù intendo›, domanda dubbiosa Franca Mira. ‹Misteri del marketing, immagino›.
 Intanto la gente viene invitata a sfollare tranquillamente.
 
 
Ottava
 
Quello che fa da mezzanotte in poi Simon Cangri viene comunemente definito – discussione-post-gara, anche se gli addetti al settore non disdegnano poi neanche tanto chiamarlo confronto-post-esibizione; si tratta cioè del momento in cui Cangri è solito ritrovarsi con i supporter [bisogna tener presente che molti concorrenti di questi talent sono figure note nell’ambiete; molto meno, invece, al grande pubblico; gran parte di questi artisti non hanno mai avuto la fortuna di incidere un pezzo proprio in uno studio di registrazione professionale; molti si arrangiano come posso da casa; alcuni, invece, dotati di maggior inventiva, insonorizzano vecchi capannoni dismessi ricoprendo le pareti e il soffitto con i cartoni portauova affinché i suoni non si disperdano; ma la maggior parte si affida a sale di registrazione in comune dove si paga dalle 200 alle 50 euro per 20 massimo 30 minuti di pessima registrazione, con la promessa di ottenere un risultato soddisfacente; in realtà i CD che saltano fuori presentano, in sottofondo, parecchie imperfezioni, tipo fruscii fastidiosi o, nei casi peggiori, echi distorcenti] a parlare di cos’è andato e cosa non è andato durante lo show. Tra l’altro Simon è l’unico dei quattro coach che si intrattiene con i cantanti anche nel post-trasmissione. Non vanno nascosti, comunque, vari secondi fini che l’hanno portato a questa scelta, tra i quali appunto quello di approfondire la conosceza di alcune ragazze in gara, lasciandosi andare, ogni tanto, oltre il limite consentito, con qualche concorrente, dato che non è raro che, alcune di loro, con l’obiettivo di spuntarla su tutte le altre, inizi a provocarlo nei modi in cui tutti sappiamo; molte sono proprio sexy e indossano gli stessi abiti con cui si sono esibite (corpetti trasparenti appena appena allacciati sul didietro; gonne succinte e attillate ricoperte di brillantini; scarpe con i platoe il tacco vertiginoso eccetera); difficile resistere alle loro provocazioni, soprattutto quando si inizia ad andarci giù pesante con gli alcolici; scherza, gioca, si diverte con tutti, Simon Cangri, a onor del vero, anche con i cantanti, stuzzicandoli e rimproverandoli di non dargli sempre addosso. Le sue fans, assiepate dietro una transenna di acciaio, non sembrano dargli respiro; lo pressano chiamandolo in continuazione, chiedendogli ogni sorta di stupidaggine con la scusa di avvicinarlo; in genere prenota una private-zone – un privè, diciamo, benché il termine privè ricordi sempre, non si sa per quale motivo, l’angolo buio di qualche nightclub dove succede di tutto e di più – in cui è permesso entrare solo a una certa ristretta cerchia di persone; tuttavia c’è sempre la matta di turno che si intrufola non si sa bene come, e il primo a farne le spese è proprio Simon Cangri, il quale viene strattonato, baciato, accarezzato e, in qualche occasione, persino molestato. Simon è un quarantacinquenne bello tosto, con un fisico tonico e asciutto; e, nonostante non possa più esibire la folta chioma riccioluta di un tempo – avendo perso parecchi capelli (in particolare nella zona delle tempie) – è riuscito a mantenere miracolosamente intatto il suo fascino; ragion per cui, per molte teenager, risulta essere ancora un vero sexsimbol. Vorrebbero, le sue fans, essere rese partecipi, almeno per due minuti, della sua notorietà… essere prese in considerazione… viversi, insomma, qualche attimo di gloria senza sentirsi addosso le manacce sudate dei buttafuori che presto le catapulteranno a una certa distanza di sicurezza da Simon. I concorrenti dei talent, regolarmente muniti di pass o badge, non cagano nemmeno di striscio queste fanatiche; inoltre, sono così tanti i partecipanti a The Voice che capita di frequente che gli stessi cantanti fatichino a riconoscersi tra loro, quindi alcune delle fans di Simon spesso vengono scambiate per delle concorrenti; lo stesso Cangri ammette di avere delle serie difficoltà a ricordare tutte le facce dei cantanti; e poi un ambiente come quello della discoteca, con quelle enormi aree di semibuio, certo non facilità il riconoscimento delle persone.
Questo, del resto, è il mondo dello spettacolo, e Simon Cangri ne è pienamente consapevole. 
 
 
Nona
 
Eva Piccolo ha appena parcheggiato la macchina nella zona VIP contrassegnata da vistose strisce giallo fosforescente pitturate sui lastroni di marmo a lato dell’ingresso principale dell’Off-On [nota discoteca della zona, frequentatissima da personaggi di spicco, sul genere calciatori al top della carrirera, manager arrembanti, cantautori di successo, dive dell’alta moda, fotomodelle che dispensano baci a stampo, attori molto noti di serial televisivi, showgirl senza arte né parte alla ricerca di un caschet, ex politici in rotta con le moglie e in cerca di un po’ di sballo e, di contorno, come ovvio, tutti i pseudo-personaggi dei talent show – compresi quelli dei reality – a caccia di un pizzico  di notorietà] – e, da qualche minuto, sta cercando di convincere la superamica Marta Santin a entrare; quest’ultima, pare non volerne proprio sapere, però; è convinta di essere stata umiliata a sufficienza, in quello studio; catapultarsi nella bolgia fingendo di aver metabolizzato la sconfitta non la aiuterà a superare questo trauma. ‹Non c’è niente di peggio dell’appoggio degli ipocriti›, sta dicendo Marta a braccia conserte, ‹della gente meschina e ipocrita che ti dà sonore pacche sulle spalle e finge di consolarti quando in realtà vorrebbe ridere di te, pensando che sei soltanto una grassona senza speranza›. Ma Eva è una tipa tostissima e si sostiene di essere pronta, decisa a difenderla, costasse quel che costasse [in parte la sta spronando a entrare anche per un certo malcelato egoismo, cioè perché smania dalla voglia di ritrovarsi faccia a faccia con uno dei suoi attori preferiti, un certo Michel Regani; e anche perché, grazie alla sua superamica, ha ottenuto un pass speciale che le consente di accedere alla zona privé assieme al resto della compagine]. Aggiunge, poi, di non aver alcun dubbio sul fatto che la decisione presa da coach Nr. 3 sia stata tra le più scellerate e inguiste che si siano mai viste e che gran parte del pubblico era della sua stessa opinione; puntualuzza, infine, che ‹il fatto di essere un po’ grassottella ~ sai, non ti ha aiutata, ma quello che non mi va giù della tua eliminazione è che Simon abbia dato più importanza al tuo girovita che alla timbrica vocale ~ e poi vogliamo dircela tutta?› (del tipo sono un fiume in piena) ‹anche l’interpretazione che ha dato di “I’m Alive” di Celine Dion, lasciami dire Ma (così la chiama) era proprio il Top›. Marta non sembra starla a sentire più di tanto; dalla zona del parcheggio in cui si trovano, riescono a vedere una lunga fila di persone sistemate a lingua di serpente davanti all’entrata dell’On-Off; gli agenti della sicurezza hanno il loro bel da fare a tenere a bada certi scalmanati che dicono di essere in attesa da ore; ‹continua a entrare chiunque prima di noi, a passarci davanti; io sono in lista e qui non mi caga nessuno; è proprio una discoteca di merda›, protesta qualcuno. Un parcheggiatore, in piedi accanto alla macchina di Eva, sbircia dal finestrino, e poi, vedendo che le due non si decidono a scendere, domanda: ‹qualche problema, belle?›. Eva lo guarda storto e quello capisce che non è aria. ‹Non è solo per quello ~ rrrcatroia! Capisi? ~› sbotta Marta, ‹è che io con questo mondo non c’entro un cazzo!›. A Eva Piccolo però non va giù questo atteggiamento negativo di Marta Santin. ‹Tu non sia convinta dei tuoi mezzi ~ ecco quel che c’è. Hai una voce fantastica e, sì, d’accordo, sei un po’ sovrappeso ~ ma cazzo! Puoi sempre metterti a dieta, no?›. ‹Ci ho provato una miriade di volte Va ~ lo sai porca troia!, che smena ~ non ricomincio ~ no no no no, basta ~ me lo sono ripromessa: o vado bene come sono o ciao a tutti, andate a farvi fottere› dice acida Marta sistemandosi la frangetta. ‹Non sto mica dicendo che devi farla per forza ~ ma un altro tentativo… e poi, sta’ a sentire: fregatene di quei coglioni che ti prendono per il culo ~ Simon Cangri è uno di loro, è un cazzone  e basta ~ e adesso entriamo, dai!, ci perdiamo tutto il meglio›. Marta, però, sembra ancora riluttante. ‹Tira fuori quel cazzo di badge dalla borsa, tttanaeva…ride ogni volta che (se)lo dice› sistemandosi la gonnellina a frou frou ‹~ ccche andiamo›. La superamica scoppia a ridere e apre la portiera della macchina.
 
 
Decima
 
Mike Mandri è impegnato nella prova settimanale [queste prove hanno un duplice intento ma un unico scopo: far salire il livello di tensione all’interno della Casa mettendo in competizione gli inquilini. Le società che producono  questi format hanno studiato una serie di escamotage volti a rendere più partecipi i telespettatori mettendoli di fronte a una sfida tra opposte fazioni; queste sfide, inoltre, aiutano a rendere più fruibile il prodotto e, per i concorrenti, a riempire i buchi della giornata – che altrimenti, diventando giocoforza soporifera, porterebbe al crollo dei livelli di ascolto (il famoso share di cui si parla spesso)] che consiste nel percorrere  – nel più breve tempo possibile – un percorso accidentato composto da vari cumuli di terriccio sopra i quali sono sistemati degli ostacoli (da scavalcare senza farli cadere); paletti piantati a terra in una singola fila fra i quali fare zigzag, pozze d’acqua dal colorito rossastro dentro le quali vi è ogni genere di schifezza – da superare passando sotto un’asta di metallo (e quindi finendo sott’acqua con la testa) –; copertoni di camion sistemati in maniera alquanto proibitiva dentro i quali infilare un piede e poi l’altro; e, dulcis in fundo, un finto muro di mattoni fatto di polistirolo oltre il quale si giunge finalmente l’arrivo. Il tutto entro 1.25´´ primi. Non è affatto un’impresa semplice quanto si pensi se si considera il fatto che molti dei concorrenti del GF sono assai più atletici e ben strutturati fisicamente del povero Mike – che è mingherlino e senza una muscolatura ben definita –: per lui questa prova ha proprio del proibitivo. In ogni modo suo fratello Dennis, davanti alla tivù, continua a fare il tifo per lui e a puntare sulle sue doti atletiche (inesistenti), contando sul fatto che Mike ha sempre dato prova di grande grinta quando si tratta di sfide in cui c’è in gioco la nomination; tuttavia non manca di manifestare una certa preoccupazione per l’esito di questo prova cruciale: infatti perdere significherebbe, per suo fratello, finire direttamente in nomination, il che potrebbe condannarlo a una prematura esclusione dalla casa del GF; eventualità alla quale Dennis non vuole nemmeno lontanamente pensare, al momento. § Federico si sta divertendo a fare il bookmaker della situazione; dà Mike Mandri a 3,5 contro i 1,85 di Carlo, sicuramente favorito in quanto a doti atletiche. ‹Non credo possa farcela senza commettere qualche errore› – per errore intende far cadere qualche ostacolo o non oltrepassare nel modo corretto i paletti –  ‹~ è troppo svigorito›; Michela lo squadra attonita; poi ridacchia e ripete ‹svigorito?›. ‹~ Non ridere›, dice dandole una pacca, lui, ‹senza forze dai ~ cazzo! Non lo vedi?›. Mike sta per affrontare le paline, dopo aver sorprendentemente superato l’ostacolo sopra il cumulo di terra: dentro e fuori, dentro e fuori e ancora dentro, cinque, sei, sette volte… è uscito, si è lanciato verso la pozza fangosa –‹cccavacca! Mena via però… guardalo!›, stuzzica Michela – infila la testa sotto il primo dei due ostacoli, ora striscia nella pozza a pancia in giù, riemerge, si ributta sotto il secondo ostacolo – ‹a quanto siamo›, chiede Carlo – è fuori dalla pozza – ‹1.05, 0.6…›, gli risponde Federico munito di cronometro – il muro di mattoni di poliestere è là – ‹dai Mike! Dai! Dai! Mettigliela nel culo a quegli stronzi› urla dal salotto Dennis – lo sfonda. ‹STOPPPP!›, grida Federico sotto lo sguardi stupefatti di Michela e Carlo; Federico dà un’ulteriore controllata al cronometro e sancisce: ‹1.27. Mi dispiace Mike. Oltre il tempo massimo›; naturalmente si tratta di un allenamento alla vera prova (che si svolgerà nel serale, in trasmissione) ma ‹~ che uomo di merda! Federico fai schifo. Sei u-na-mer-da!›, trova il modo di inveire comunque  Dennis Mandri incollato davanti al teleschermo. ‹Per un pelo! Che sfiga› fa Carlo, sportivamente. Mike è tutto inzaccherato; cerca di strizzarsi i vestiti inzuppati; i capelli bagnati e sporchi di fanghiglia gli stanno appiccicati alla fronte; ‹~ ce la›, dice Mike ansimando, ‹~ ce la metterò tutta ~ potete contarci! Ma è dura, cazzo! Guarda che merda!›.
 
 
Undicesima
 
Le luci degli strobo incendiano sala privè, mentre Simon Cangri si sta cimentando in un ballo a cinque che lo vede come protagonista assoluto [c’è da dire che questo genere di balli ‘per contatto’ non ha quasi mai un secondo fine sessuale, nonostante consista unicamente di strusciamenti e di movenze equivoche al livello dei genitali]; due ragazze a bordo pista [questi privè sono ricavati da piste più ampie; in pratica viene delimitata un’area di dimensioni tra quindici, venticinque metri quadrati (talvolta alzando persino su muri di cartongesso, in occasioni particolari, da abbattere all’occor-renza)] osservano estasiate Simon, ma lui adesso è troppo impegnato a roteare sui tacchi per guardarsi intono. In pista ci sono una quindicina di persone – tutte appiccicate le une alle altre – che per ragioni di spazio si vedono costrette a muoversi come spigole dentro una rete da pescatori, ovvero saltellando a piè pari o tutt’al più sculettando e dimenando le braccia e compiendo ampie ellissi tutt’intorno facendo attenzione a dove mettono i piedi. Le due tipe, intanto, hanno iniziato a scattare foto a raffica con i loro iPhone d’orati e coperti di perline luccicanti; i flash a ripetizione si incrociano, in uno strano valzer di bagliori, con le luci stroboscopiche proiettate in pista, dando così vita a un effetto psichedelico così fastidioso da provocare un attacco epilettico; le due, iPhone alla mano, sono alla ricerca di una postazione migliore, più congeniale, dove poter inquadrare la scena nel suo insieme: ora Simon è piegato a 90° a braccia aperte, come un’aquila in cima a una vetta; gli scatti immortalano un tizio senza volto e piegato in avanti, a testa bassa, a pecora; ad angolo retto, con il culo aderente al suo, una ragazza magrolina, anch’essa piegata in avanti, lo spinge o tenta di spingerlo avanti; lui sembra ridere, ma le fotocamere non riescono a catturare il suo sorriso; la ragazza magra, con un taglio di capelli irregolare, si chiama Cristina Bolle e, a detta di tutti, è la “Prediletta” di Simon Cangri, ossia quella che ha vinto la sfida contro Marta Santin, che sta appunto entrando ora nell’area privè insieme alla superamica Eva Piccolo; poco distante dalle due, a qualche metro appena, uno dei quattro buttafuori, piazzandosi davanti alle due ragazze che stanno scattando foto a ripetizione, intima loro: ‹Non è permesso fare foto o video in questa zona›, con tanto di ‹vi conviene abbassare gli iPhone e sloggiare prima che m’incazzo e di brutto› da contorno;  le ragazze, colte in castanga, infilano di scatto fra le tette i telefonini e chiedono: ‹~ se ci fai il piacere di non sequestrarceli…›, ma il buttafuori non capisce un cazzo di quello che dicono perché ha le casse proprio all’altezza delle orecchie e fa segno di non sentire; ‹~ti dicevo›,  riurla una delle due, ‹…se ci fai il piacere di non sequestrarci gli iPhone› indicandosi le tette e facendo una faccia piagnucolosa; il buttafuori si mette una mano all’orecchio e spinge indentro l’auricolare: ‹~ non capisco, cazzo!›, ma già non le caga già più e si sposta orizzontalmente verso l’altro lato della pista.
 
 

Dodicesima
 
Matteo, uno degli otto concorrenti del GF rimasti, è furioso con Sandra (altra concorrente a forte rischio di eliminazione) [Sandra e Matteo fanno parte del Clan “anti falsità” (non si tratta di un vero e proprio Clan, ma di una situazione di gruppo venutasi a creare a seguito di alcune divergenze di vedute con un altro gruppo antagonista) capeggiato da Gianni, il cui più grande rivale è proprio Federico, il “falso” della casa, e capobanda del gruppo dei… “se stessi”, di cui fa parte anche Mike Mandri, oltre a Michela e Carlo] perché non ne vuole sapere che lei smetta di prendere la pillola; ‹al buio si hanno il 50% delle possibilità di indovinare da che parte srotolare il preservativo ~›, osserva Matteo, lanciandosi in un improbabile calcolo statistico, ‹e io, cazzo! ho una sfiga pazzesca perché mi succede sempre di srotolarlo al contrario ~ che poi non sarebbe niente, uno potrebbe rinfilarselo dalla parte giusta ~ è che poi mi prende quella merda di paura cane di aver lasciato qualche traccia di sperma sul profilattico correndo così il rischio di ingravidare qualcuna  ~ e con di più anche il ‘ciccio’ ne risente ~ si ammoscia, quello stronzo di un fifone! ~ e a quel punto mi va a buca anche la chiavata› ~›.
 Questa conversazione sottocoperta non fa alcun tipo di presa sulla psiche – già alterata di suo giacché è alla settima lattina di bibita energizzante [sta provando la nuovissima Power-Energy-Two, bevanda a base di Taurina, Riboflavina, Vitamina C e B6, e un botto di coloranti aggiunti; sulla parte inferiore della lattina da 25 cc sono riportate alcune immagini raffiguranti (partendo dalla prima a sinistra): 1-Un uomo stilizzato che salta un ostacolo; 2- Un cuoricino che pulsa; 3- Una figura, sempre stilizzata, che balla con tanto di note da contorno; 4-Una macchinina; 5- Una lampadina accesa] – di Dennis Mandri che, tra uno sbadiglio e l’altro, sta selezionando la camera che riprende la zona del salotto, nell’attesa che Mike si svegli, dato che è ancora a letto nonostante siano già le undici del mattino: ma a quell’ora non è l’unico a essere sotto le coperte, dato che, come lui, tutti gli inquilini della Casa hanno perso completamente il senso del tempo da quando si trovano là dentro. 
 
 

Tredicesima
 
Giulia si è appena addormentata e la madre Ottavia, nella stanza accanto, si sta preparando per andare a letto. Non ha ancora sentito sua figlia Eva, però; The Voice ha visto scorrere i titoli di coda già tre ore fa, ma della figlia nessuna notizia; Ottavia si aspettava un messaggino, almeno; nada. Ora, con il suo Samsung nuovo di zecca nel palmo della mano, si sta muovendo in direzione della finestra: è alla ricerca di un minimo di campo. Le due frecce, una verde e l’altra rossa, che segnalano la presenza della rete 5G, lampeggiano a intermittenza: ora in entrata è verde; in uscita rossa: ciò sta a significare che è in grado di ricevere messaggi tramite Whatsapp, senza però avere alcuna possibilità di inviare un messaggio istantaneo: ne ha appena scritto uno –  ciao stella, tutto bene? Andate in discoteca? – ma non c’è traccia della seconda v azzurra.
L’ex marito di Ottavia, Mikki, frattanto, se ne è andato come il suo solito, e cioè senza preoccuparsi minimamente di dare la buonanotte alla piccola Giulia [secondogenita, è frutto di una scappatella extraconiugale di Ottavia: tre anni fa, di ritorno da una Crociera Costa, aveva scoperto di essere incinta; si era trattato di una scopata furtiva con uno Stuart di bordo (di cui aveva soltanto un confuso ricordo: sia della scopata che dello Stuart), con lei in piena fase di sbornia da Vodka alla fragola; Ottavia non ricordava bene cosa fosse successo quella notte, ma il fatto le era stato confermato dalla sua amica di viaggio, la quale aveva dovuto attendere all’esterno della cabina fino all’espletamento delle pratiche].
La spunta è comparsa all’improvviso; ora Ottavia, tenendo l’applicazione aperta, sta attendendo che appaia anche la seconda spunta, quella di avvenuta lettura [questa geniale trovata dei creatori di questa app non fa altro che alimentare sospetti ed equivoci tra coloro che utilizzano questo servizio di messaggeria istantanea; di fatto molti Smartphone segnalano l’avvenuta lettura del messaggio anche se in realtà il destinatario non ha ancora avuto accesso all’applicazione; in casi del genere è del tutto naturale che il mittente – convinto che il destinatario abbia effettivamente letto il messaggio – rimanga in attesa di una risposta immediata (i più attenti, cioè gli utilizzatori abituali di questa app, si rendono perfettamente conto che sarebbe sufficiente buttare l’occhio sul lato alto del display per accertarsi che compaia la scritta online, e il problema non sussisterebbe. Ma in certi casi anche gli utilizzatori più esperti se ne dimenticano); cosa che, ovviamente, non può verificarsi appunto perché il destinatario non ha ancora avuto modo di leggere il messaggio; tutto questo ingenera una serie di furibonde discussioni volte a trovare una giustificazione per la mancata (immediata) risposta].  ­­­
 

 
Quattordicesima
 
‹Ho un gran rispetto per te ~ mmmma cagate come questa non si possono sentire›.
‹Cagate dici?›.
‹Cagate, sì ~ come se lo sperma appiccicato al preservativo possa mettere incinta una ~ ma… ma… ma… fammi ridere, dai!›.
Sandra e Matteo si sono appartati in una zona franca della Casa (così, almeno, credono loro; cioè sono convinti – ma non solo loro, anche tutti gli altri abitanti della Casa – che quell’angolo sia un angolo cieco, cioè un punto in cui le telecamere del GF non riescono a inquadrarli; in realtà le cose non stanno affatto così, poiché non hanno tenuto in considerazione la telecamera orbitale nascosta in una grossa plafoniera sistemata proprio in quell’area della Casa); ma, per essere sicurissimi di non essere visti (soprattutto dagli altri inquilini), servendosi di una coperta e due materassi, hanno costruito una specie di capanna in cui si sono imboscati..
‹~ facevo per dire…› fa Matteo alle prese con quel preservativo del cazzo.
‹~ eh be’, cioè ~ ci credo…›, dice Sandra.
‹Era per estremizzare la cosa (oh, merda! no no ci sono quasi)…›.
Sandra non ha una gran voglia di scopare; ma la noia nella casa è tanta e Matteo è l’unico con cui si diverte senza farsi venire troppi sensi di colpa [in puntata il GF ha organizzato una sorpresa per Sandra facendo entrare nella casa suo padre; hanno perciò potuto scambiarsi qualche parola – nonostante lui si trovasse dietro un’enorme lastra di plexiglass; le cose più interessanti che si sono detti (a parte una disparità di vedute sull’arredamento della casa) non andavano oltre al “ehi! Come sta mamma? Tutto bene, vero?, dimmi tutto bene”, subito rassicurate con “sì, non ti preoccupare; a casa tutto bene ~ tu come stai?”, cui è seguito “ io bene. Bene. Ma tu?” di nuovo, come se si fosse dimenticata di averglielo appena chiesto “come stai? ~ che bello che sei? ~ che bello” eccetera eccetera; grazie al cielo la faccia di suo padre era riuscita a tranquillizzarla abbastanza; Sandra sa come la pensa suo padre sul fare sesso “di fronte a milioni di telespettatori”; si era raccomandato, il giorno prima del suo ingresso nella Casa, che “non desse spettacolo”, che si ricordasse di “mantenere alta la dignità della famiglia”; richieste cadute nel vuoto, ovviamente, anche se da quando si sono accesi i riflettori sull’adorata figliola, il paparino non sembra essersi infastidito più di tanto di tutto quel free-sex-in-liberty-zone di Sandra e Matteo, segno che il GF ha un grande potere: quello di fare tabula rasa di tutti i valori cosiddetti precostituiti; adesso il padre (putativo) di Sandra è diventato, in qualche modo assurdo e contraddittorio, il GF stesso, cioè guarda la realtà con gli stessi occhi dei voyeur.
‹Altri trenta secondi e giuro che esco da qui ~ sto soffocando›, liberandosi del reggiseno.
‹~ ho quasi fatto›.
 ‹Il tuo quasi è eterno ~ ma che cazzo stai a fare con quel coso›, riferendosi al profilattico.
‹Parti tu…›.
La telecamere nella plafoniera riprende i quattro piedi che spuntano dalla capanna improvvisata.
‹Ecco, pronto!›.
 
 
Qindicesima
 
Simon Cangri sta trangugiando il suo quinto Rum-Cola-con-ghiaccio mentre Cristina Bolle ancheggia in maniera piuttosto provocante davanti a lui; Cristina è un misto di sensualità e mistero; ha una voce soave, tenue, e quando canta alla maniera di Mina, toccando cioè certe note umanamente inarrivabili, a Simon salgono i brividi lungo la schiena; inutile sottolineare che Coach Nr 3 è infoiato fino all’inverosimile; ha un’erezione interessante almeno da quando Cristina ha cominciato a strusciagli le natiche  sul cazzo; cazzo che ora sente premere forte contro la patta dei pantaloni di lino; ma Simon è innanzitutto un professionista, non c’è di che preoccuparsi; l’alcol può allentare i suoi cordoni inibitori, può farlo deragliare dal binario di condotta dentro cui ogni professionista del settore è tenuto a mantenersi; ma quello che il livello di alcol non può di certo fare è indurlo a provarci con Cristina: non ora, non qui, non adesso, in questo privè, sotto lo sguardo attento di tutte le altre pretendenti, perché finirebbe col diventare carne da macello; quindi non ha altra via d’uscita che dire ‹vi saluto tutti ~ io devo andare ~›, ripetendo questa tiritera almeno una ventina di volte, circa, passando da orecchio a orecchio, richiamando a sé i talenti che sono intervenuti alla festa e scusandosi per essere costretto a congedarsi proprio sul più bello ‹perché, cioè, domani ho un’altra giornataccia che mi attende›. Nel farsi largo, continuando a salutare tutti sorridente, si accorge che, a qualche metro di distanza, c’è Marta Santin aggrappata alla superamica Eva. Simon la saluta distrattamente e, subito dopo, seguendo il buttafuori che fa da spargi folla, prende l’uscita secondaria dell’On-Off.
 ‹Non ti fare sangue cattivo ~ è soltanto un idiota›, dice Eva Piccolo.
‹No che non lo è ~ non lo è affatto. Lui è Simon Cangri e io non sono un cazzo di nessuno›, fa tagliente Marta Santin continuando ad osservare coach Nr 3.
 
 

Sedicesima
 
Percorriamo uno stretto corridoio; sbuchiamo in una cameretta; seduto sul letto, con le gambe incrociate, troviamo Salvo Mira [che, come si può notare, porta il cognome della madre. Franca Mira, infatti, già oltre i cinquant’anni, aveva delle difficoltà a rimanere incinta, nonostante non fosse in menopausa e i suoi ovoli fossero ancora fertili. Si convinse, così, a dare avvio alle pratiche per un utero in affitto. Siccome aveva alle spalle due matrimoni tristemente naufragati, non nutriva più alcun tipo di fiducia nel genere maschile; infatti non aveva un compagno fisso né intendeva frequentarsi con qualcuno. Così stando le cose, la cosa migliore da fare le parve quella di rivolgersi a una di quelle banche del seme che garantiscono spermatozoi allegri di ogni genere e provenienza: calciatori, chitarristi rock, avvocati di indiscussa fama, intellettuali radical-chic, scienziati, fotomodelli, capi di Stato, persino pornodivi: sembrava incredibile, certo, che certi personaggi, anche molto famosi, si fossero recati in qualche rinomata clinica privata per sborrare dentro un flaconcino di plastica, ma tant’era; tutti rigorosamente anonimi, naturalmente, ma sulla cui rintracciabilità e attendibilità garantiva la stessa clinica. Inutile sottolineare che per queste banche del seme si tratta un vero e proprio business. Basti pensare che un’eiaculazione di Franco Belli, tanto per rendere l’idea, calciatore professionista in forza all’Anži – squadra russa dalle enormi potenzialità finanziarie (si tenga conto che il presidente è un magnate proprietario di un impero nella compravendita di combustibili aerei) ma quotata a 180 come vincente della Champions League (cui ha partecipato ben tre volte senza riuscire mai a superare i sedicesimi di finale) – si aggira intorno ai diecimila dollari (valuta standard per questo genere di affari); Franco Belli non è di certo un genio in quanto a doti intellettive, però a tutt’oggi è considerato un trequartista dai piedi buoni. Si sa che il talento non si tramanda né si acquisisce per via ereditaria (il DNA è una struttura complessa la cui decodificazione rimane un assoluto mistero), però è pur vero che vi sono stati esempi, nella storia del calcio, anche recente, e cioè figli di calciatori divenuti loro volta famosi e in certi casi persino più bravi e talentuosi dei rispettivi padri; un caso su tutti: Cesare Maldini senior e il figlio Paolo; quest’ultimo assoluto asso del calcio mondiale, pur essendo un difensore (il suo talento, infatti, non è mai stato doverosamente riconosciuto: non quanto avrebbe meritato, almeno, e questo a causa del fatto che il ruolo di difensore esterno non viene considerato dal gotha del calcio mondiale – rappresentato dalla FIFA– alla pari o allo stesso livello di spettacolarità di altri ruoli, primo su tutti quello dell’attaccante. Questo deficit in genere viene pagato in termini di gol realizzati, e questo accade perché, nella ristretta ottica calcistica di questi signori appare più importante un gol fatto che un gol evitato). Poi c’è il caso di un intellettuale di successo, uno di quelli che non si fanno mai mancare i salotti buoni; compulsando il catalogo online della banca del seme ci si imbatte sul suo profilo a dir poco accattivante.
 
Professione: scrittore, commentatore, regista, giornalista, drammaturgo, produttore televisivo; fumatore: no; religione: agnostico; stato civile: perennemente celibe; figli: due o forse cinquanta; stato di salute: ottimo.
 
 In ogni modo Franca Mira, dubbiosa sia sulla scelta del seme più adatto, sia sui costi effettivi, optò per una soluzione alternativa: domandò a un amico di vecchia data, con il quale era in stetti rapporti confidenziali da sempre, se era disposto a impiantare il suo seme nell’utero di una donzella sconosciuta; questi aveva acconsentito senza tante riserve, essendo ancora single e dichiaratamente omosessuale] con la febbre a 37,5°; ha un PC portatile  sopra le gambe, ed è in fase di selezionamento di un oggetto [sta stranamente giocando a Broken Sword 5.0, un’avventura grafica vintage il cui scopo consiste nel risolvere una serie di enigmi diabolicamente creati dagli ideatori di questo videogame] ma non riesce a raccoglierlo (si tratta di una banana stranamente incastrata fra un tubo di acciaio – residuato di una impalcatura appena crollata – e dei barattoli di vernice caduti a terra, che hanno completamente imbrattato la superficie sottostante); prima deve trovare il modo di spostare il tubo di acciaio, ma non può farlo senza l’intervento dell’altra protagonista del videogame, Nico (ora sta gestendo George); Nico, però, dà risposte sul vago andante – che non fanno altro che mandare ancor più in confusione George (e quindi Salvo); George domanda a Nico di passargli il piede di porco che gli ha appena sottratto, ma questa si rifiuta di darglielo, al che Salvo comincia a pensare che quella non sia la mossa giusta, sicché fa un altro tentativo, usando i dialoghi (interminabili chiacchierate tête-a-tête  tra i due) al fine di convincere Nico a farselo consegnare. Poi, a un tratto, sente: ‹come sta il mio ometto?›, e allora si volta e vede sua madre, sulla porta, che gli sorride [l’aspetto positivo di queste avventure grafiche (dette e riconosciute come AVG, ad-venture-graphics) è che non contemplano alcun tipo di count-down di gioco, ovvero non si rischia mai di morire e non c’è mai un vero e proprio harry-up – pericolo incombente – come nella gran parte dei videogiochi, quindi ci si può prendere un pausa e salvare i progressi fatti per riprendere il gioco in un secondo momento]; Salvo la saluta e poi dice ‹ho ancora la febbre, mamma, ma la gola mi brucia di meno, per fortuna›. Intanto Nico è passata dalla posizione mani-sui-fianchi-fare-irriguardoso a braccia-conserte-ticchettio-tacco-sinistro e sembra stia per assumere l’atteggiamento di chi ha bisogno di passare subito all’azione; accanto a lei George, del tutto disinteressato, ha lo sguardo posato su un manufatto antico; anche lui è out-action, in quanto soggetto non manovrato e ora in attesa di attivazione; si trovano entrambi all’interno di un cripta e stanno cercando il modo di uscirvi [nel linguaggio delle AVG questa particolare forma di azione si chiama escape-to, cioè metodo di fuga da che, in genere, ha sempre a che fare con dei lunghi e difficoltosi rompicapo per i risolvere i quali il giocatore necessita di un’abbondante quantità di elementi (sottoforma di documentazione) – da egli stesso opportunamente raccolti in precedenza –  soltanto attingendo ai quali – dopo averli analizzati scrupolosamente – ha la possibilità di pervenire alla corretta risoluzione degli enigmi] ma un grande masso davanti all’unica uscita impedisce loro il passaggio. Non possono lasciare la cripta finché non riusciranno a risolvere l’enigma, che consiste in una serie di simboli da decifrare; i simboli sono simili a degli ideogrammi cinesi, fatto salvo per alcuni dalla forma irregolare ma ricordanti le figure geometriche classiche (rombi, triangoli scaleni, trapezi ecc.); la combinazione di segni geometrici irregolari con icone e ideogrammi dovrebbe permettere la soluzione dell’enigma o quantomeno fornire un metodo per decriptarlo; ma Salvo non è concentrato in questo momento; Franca Mira gli sta chiedendo dove ha messo il termometro a infrarossi [è una diavoleria di ultima generazione in fatto di misuratori per la temperatura corporea: stiamo parlando di un aggeggio poco più grande di una comune penna biro che emette un fascio di luce blu intensa da puntare sulla fronte del soggetto; in meno di 5/6 secondi il raggio di luce, attraverso un display posto al centro della ‘penna’, riesce a fornire – in modo abbastanza attendibile – il grado di temperatura corporea del soggetto] ma lui sostiene di ‹non vederlo da un bel po’›, e allora Franca comincia a domandarsi come sia possibile una cosa del genere, dal momento che gli aveva provato la febbre appena prima di uscire. ‹~ com’è possibile che sia sparito ~ ti ho provato la febbre quattro ore fa, non ti ricordi?›, mettendosi a ribaltare i cuscini e tastando sotto le lenzuola; ‹no, ma maaaa ~ cioè me la sono provata da solo, poi›, dice Salvo rassicurando la madre. ‹E dove l’hai buttato, allora›, la reazione di Franca; afferra il notebook, che ora è quasi ai piedi del letto, e lo posa sul comodino; Nico pare essersi scossa; ora ha fatto tipo uno o due passi verso George, il quale è sempre intento a scrutare il manufatto. Nico indossa dei fuseaux neri attillati che mettono in evidenza il suo splendido corpo atletico; ha delle lunghe gambe affusolate e un sedere sporgente ma ben sostenuto; George, però, non pare affatto interessato alle sue curve: con il naso tuffato nel manufatto si limita a muovere a scatti – tipo spasmi cervicali – il collo e la testa; lui è un bel tipetto biondo sui venticinque anni; è un ganzo che indossa jeans chiari attillati e chiodo nero; una specie di Fonzie d’avanguardia, per intenderci, uno scemo creato per essere scemo [gran parte di questi giochi di avventura pongono sempre il protagonista in una veste tragicomica, se non proprio demenziale; vale la regola: quanto più stupido è il soggetto da impersonare, tanto meno stupido deve sentirsi chi lo impersona (cioè il giocatore)]; Salvo non ha preso bene questo cambio di posizione; così va a riprendersi il notebook e, dopo essersi seduto, se lo sistema in mezzo alle gambe; alla madre non va giù che Salvo giochi con 37,5° di febbre e cerca di convincerlo a spegnere ‹quel maledetto PC ~ e trova il termometro, invece, che misuriamo di nuovo la febbre›. ‹Già mi-su-ra-taaa?›, scandisce Salvo, ‹~ non hai capito?›. Franca non regge più questo genere di risposte e gli dice ‹devi riprovarla adesso ~ Salvo ~ ci siamo intesi?›. Ma Nico ha ripreso a muoversi (Salvo sta interagendo con lei); ha appena aperto l’inventario in cui sono presenti tutti gli oggetti raccolti da Nico durante l’avventura, comprese le tavole da decifrare. ‹Ma mi stai ascoltando almeno?›, gli dice Franca piantandosi davanti a lui; ‹ma maaaa›, fa lui tamburellando sul notebook, ‹avevo 37,5 un’ora fa ~ mica vuoi che sia salita di nuovo, la febbre›. Franca sbuffa: ‹e come facciamo a saperlo se non la riproviamo?›, mettendosi di nuovo alla ricerca del termometro laser. ‹Facciamo a meno›. Tassativo Salvo.
 
 
Diciassettesima
 
Dennis Mandri ha schiacciato un pisolino circa dieci minuti fa; ora si trova in pieno abbassamento di livello di caffeina e quindi ha un vorticoso calo di pressione sanguigna; i recettori neurologici si stanno infiacchendo, compromettendo così le sinapsi cerebrali; in sostanza Dennis è rincoglionito per via di uno stato di saturazione vitaminica, il che gli provoca un senso di agitazione corporea del tutto simile al tremolio post-alcolico; Dennis ha già sperimentato questa sensazione in passato, e non ha nessuna intenzione di ritrovarsi impelagato in problemi di ordine epatico [a scanso di equivoci, preme qui sottolineare quanto in realtà siano limitati, per non dire inesistenti, i danni causati dalla smodata assunzione di queste bevande energetiche; danni nemmeno lontanamente equiparabili a quelli provocati dall’alcol o dalla cocaina, per esempio; soprattutto su base neuro-fisiologica, poiché queste bevande sono composte in gran parte (tolti i coloranti) di agenti naturali, seppur sintetici. Un sovradosaggio di vitamina D, per esempio, può portare alla calcificazione dei tessuti molli, cioè a ritrovarsi con gli adduttori appiccicati all’inguine o, nella peggiore delle ipotesi, a una ipersensibilità cutanea che può dar vita a sfoghi e rossori localizzati; Dennis ha assunto vitamina D, in compresse da 20 mg, per sei mesi quando si trovava sotto cura del professor Ciani per disintossicarsi dall’alcol; l’alcol brucia molto velocemente le vitamine, in particolar modo la vitamina D, provocando eritemi, ecchimosi, persino psoriasi nei casi più gravi; ma, come detto, un eccesso di vitamina D può essere deleterio per il fisico. In queste bibite energetiche non è sempre presente la vitamina D, ma in molte di esse è si trova comunque il colecalciferolo (vitamina D3). Dennis ne consuma dalle otto alle dodici al giorno, quindi è ragionevole pensare che si trovi in uno stato di sovraccarico vitaminico]. Per tirarsi su decide di video-chattare con Marika – una tipa tosta che frequenta la terza liceo e scrive racconti fantasy che poi pubblica a sue spese grazie ai siti print on demand  [specializzati in questo genere di illusioni; il grosso di questa industria di stampa on demand, ossia su domanda, fa leva sui desideri mai sopiti di aspiranti scrittori (in Italia sono qualcosa come 60000) pronti a vuotare le tasche (spesso non le loro, ma quelle di chi li sovvenziona, cioè, nello specifico: parenti e amici) pur di non riunciare a un sogno; ci sono stati casi, noti – non sono un mistero – a cui questa forma innovativa di pubblicazione (gli e-book restano, comunque, un mercato di nicchia, si dica quello che si vuole) ha giovato e parecchio in termini di successo; tuttavia non sarebbe stato difficile immaginare un successo identico, in termini di copie, anche per vie più convenzionali, tipo l’editoria vecchio stampo (piccoli editori). Ma purtroppo un libro, per quanto ben scritto o scritto da cani, viene sempre e soltanto visto come mero prodotto da cui ottenere un ricavato (economico); poi la fortuna in tutto questo gioca la sua parte, ovvio; resta il fatto, però, che l’offerta print on demand è spesso molto più accessibile e vantaggiosa di qualunque altra forma di editoria classica, dove le cantonate sono sempre dietro l’angolo]. L’ultima raccolta si intitola Viaggi di Mary la sempiterna, un incrocio fra il mistico-esoterico e Alice nel paese delle meraviglie; pubblicata a sue spese e messa in vetrina sul sito, la raccolta è disponibile sia in formato e-book o, per gli amanti del retrò, libro cartaceo, copertina morbida, lucida, a colori, interno bianco-e-nero, carta riciclata, 80gr. I racconti hanno tutti un unico comun denominatore: una disadattata che ha preso le distanze dalla società civile, comunemente intesa, e che vive seguendo le teorie di un guru New-Age cercando di metterle in pratica attraverso uno specifico percorso d’ascesi e credendo, in questo modo, di “fottere la morte” (così si legge a pagina 106 in uno dei racconti dal titolo “Salto nel… buio”).
‹Sssenti Mari ~ sono sullo sbattuto forte… Sto guardando qua il GF no stop ~ capisci? ~ e c’è quell’altro che si fa delle seghe mentali inutili sul sesso ~ come se, cioè, qualcuna potesse restare incinta là dentro… ma cazzo, dai ~ fa vomitare, fa, ‘sta roba e poi, cazzo ~›, dice sbadigliando e tenendo mezzo occhio puntato sulla diretta streaming del GF direttamente sul portatile.
‹Che hai ~ cazzo! Ché ti annoi? Tu? Fa’ a meno di guardarlo›. Marika sta digitando forsennatamente; parla e va avanti a battere sulla tastiera.
‹No Ma’ ~ che fai, scrivi anche mentre parli in chat›, sistemandosi il ciuffo ribelle.
‹Sto gestendo la mia pagina in my-e-book, un sito proprio del cazzo ~ mi ci ha tirato dentro quel coglione del mio ex›, sbattendo velocemente le ciglia [che si rifà almeno una volta alla settimana; si tratta di un composito gommoso del tutto simile al silicone che va applicato alla base delle ciglia in modo che risulti perfettamente aderente alle palpebre; naturalmente i peli vengono riprodotti alla perfezione, ma sono molto più lunghi e consistenti di quelli naturali. I materiali usati per ricreare la sensazione di ‘ciglia vere’ che si trovano sul mercato sono i più disparati: sintetici, in fibra di cavallo, visone, e c’è qualcuno che insinua persino che esistano ciglia umane (ovvero che si adopererebbero peli di ignoti donatori per sviluppare delle ciglia posticce)].
‹Ah!! E visto che ci sei, dammi una dritta su come si toglie ‘sto cazzo di touchpad di merda che appena lo sfioro mi sposta il puntatore ~ non riesco più a scrivere da quando si è riattivato ~ mi incasina tutto ~ tu sai come si fa-a-toglierlo, intendo…›.
‹Pannello di controllo ~ passa alla visualizzazione per categorie ~ clicca su puntatori ~ da lì lo escludi›.
‹Okay ~ appena riesco ~ provo ~›.
Marika stile statua di sale: bloccata. Una frazione di secondo dopo, la testa di Marika appare abbassata di qualche centimetro rispetto alla gigantografia raffigurante una donna di colore con in testa una cesta, alle sue spalle; un picosecondo dopo rieccola all’altezza precedente, con dei capelli davanti agli occhi, però.
‹Cazzo! La connessione scratcha  alla grande ~ ti vedo a saldi ‘desso›.
‹‘azzo dici scratcha ~ mica si dice così mica›.
‹E come si dice ~›.
‹Bufferizza… mi pare›.
‹Sì dai quella roba là ~ quando vedi a scatti e rallentato intendo  ~ tu mi vedi bene?›.
‹A dire il vero ~ neanche ti stavo guardando, io, a te›, sorridendo divertita.
‹Difatti, mi pareva, ‘rcozio! Ma ti pare; così si fa?›.
‹E daiiii ~ mollami. Sono impelagata su ‘sta roba qua ~ mica me lo gestisce un editore, a me, il mio successo!›.
‹Guardala là ~ di che successo parli, poi! ~ scrivi e scrivi e non vendi mai un cazzo!›.
‹Ma ché la storia ~ mica è finita, cioè. ‘rcavacca. Ecco che ti vado a…›.
‹Che passa?›.
‹Che devo rifare mezza procedura ~ porca… be’, salutami, dai ~ ci video sentiamo›.
‹Ah! Ah! Ah! Urca! ~ da sturbo questa! Videosentiamo non l’avevo mai sentita prima.›
‹C’è sempre una priva volta ~ sempre ~ coglioncello›.
Dennis Mandri chiude la videochiamata su Skype e butta un occhio sul grande schermo a LED. Subito si accorge che sta accadendo qualcosa di imperdibile: infatti è in corso un battibecco tra le due donne dei due opposti schieramenti: Sandra e Michela. Sandra è ben messa, cioè è di fisico stagno, tarchiata, però in compenso ha delle splendide gambe affusolate; la faccia non è un granché: labbra esageratamente carnose, naso a patata, occhi languidi (di un colore tra il verde e il marrognolo); si può dire qualsiasi cosa su di lei, ma non che non abbia grinta, anche se spesso convoglia la rabbia che ha in corpo in gesti sgradevoli e fuori luogo, certo non propriamente femminili; l’ultimo è di due giorni fa: dopo una vivace discussione con uno degli inquilini della casa, si è messa a urlare a più non posso e a mimare il gesto “succhia qua”, posizionando le mani a V all’altezza ventre; per il resto è una ragazza di cuore, sanguigna, diciamo. Michela, invece, è molto più esile, sullo smilzo forte e ritta come filo teso; ha una folta capigliatura riccioluta che le ricade fino ai glutei, un viso scarno ma tuttavia carico di sensualità e dolcezza, seno appena appena percettibile, polpacci filiformi e caviglie poco più grandi del nocciolo di una pesca; tutti la conoscono come la taciturna, una cioè che parla di rado e mai a sproposito [il fatto che molti concorrenti di questi reality appaiano costruiti (come si dice in gergo), dando l’impressione di recitare continuamente una parte, ha messo in seria difficoltà parecchi produttori televisivi, i quali in genere si limitano a selezionare i vari candidati sulla base di “caratteristiche specifiche e diversificate”, di modo che nella Casa non finiscano soggetti apparentemente simili (o che il pubblico li colga come tali), e spesso vengono tacciati di essere i deus ex machina o i “registi occulti” della trasmissione; in realtà le cose stanno diversamente da quanto malignamente si pensa, poiché ai partecipanti vengono sì date alcune direttive  – cioè viene disposto per ognuno di loro un certo ‘personaggio’ da mantenere per tutta la durata del reality –; tuttavia, quello che molti di coloro che gettano ombre e sospetti sullo show non capiscono, però, è che il ‘personaggio’ in questione non è un attore che recita una parte (assegnatagli in precedenza), ma lo stesso concorrente che mette in scena ‘completamente’ se stesso, senza tradire mai la sua natura; vengono definiti reality show proprio per questo motivo, anche se forse sarebbe corretto chiamarli iper-reality show, poiché nessuno può resistere alla tentazione di uscire dagli schemi, cioè da se stesso, nemmeno nella vita reale, figuriamoci in una situazione di “cattività” come questa]; ma oggi sembra essere uscita dal ‘personaggio’: sta sbraitando come un’ossessa, e Dennis Mandri sta cercando di capire il perché.
 
 
Diciottesima
 
Le due superamiche hanno appena lasciato il parcheggio della discoteca e si stanno avviando in macchina verso casa di Marta; avvertono una certa stanchezza generale e, nel tragitto di strada che le separa dalla Mini-Cooper di Eva, hanno già barcollato più volte pericolosamente fino al bordo del marciapiede rischiando di cadere; si sono sorrette a vicenda e date manforte, ma per qualche oscura ragione non sono riuscite proprio a camminare senza zigzagare. I piedi, che fino ad un attimo fa era insaccati dentro sandali strettissimi, gonfi e doloranti, ora sono liberi di respirare; Marta, che non guida, ha gettato i sandaletti sul sedile posteriore e adesso, con i piedi appoggiati al cruscotto, si gode la fresca brezza che fuoriesce dai bocchettoni dell’aria condizionata. Eva è al volante; in macchina tiene sempre un paio di Air Max pronte all’occorrenza; se le è infilate e adesso le sta mettendo alla prova sui pedali.
‹Non è che ti senti anche tu un po’ strana, eh?›, fa Marta e appoggiando la testa al finestrino.
‹Strana? In che senso?›, voltandosi appena e poi tornando con lo sguardo sulla strada.
‹Nel senso di ~ non so come dirti ~ cioè sballottata, ecco. Ma anche stanca›.
‹Mica avrai bevuto ~ No… che non hai bevuto›.
‹Parlo di te, anche. Ti vedo ~›, fa un pausa e riempie d’aria la gomma di masticare formando una bolla gigante davanti alla bocca. 
‹Non so come spiegarti ~ un po’ diversa…›.
La bolla scoppia.
‹Dai, smettila. Mi stai facendo venire paura, adesso. Sono solo un po’ stanca›.
‹Noooo. Niente di che, eh?›, voltandosi completamente su di un fianco, congiungendo le mani e ficcandosele sotto una guancia a mo’ di cuscino.
Le vie sono deserte e Marta è alla guida della sua Mini-Cooper. Sente una certa pesantezza agli occhi, questo sì, e ogni tanto le sembra che la strada, davanti a sé, si offuschi, impedendole di vedere bene la carreggiata; ma sono solo brevi attimi corrispondenti a un battito di palpebre.
‹Dimmi una cosa sinceramente ~ ma sinceramente proprio›, riprende Marta dopo essersi mantenuta in monastico silenzio per cinque minuti.  ‹Tu credi che c’abbiano drogate, in disco?›.
‹Drogateeeee?›, pigola Eva aggrappandosi al volante e tirandosi in avanti. ‹Ma che cazzo stai dicendo, Ma’ ~ chi cazzo è che ci avrebbe drogate!›. Si volta e la guarda, mentre stacca l’Air Max destra dal pedale dell’acceleratore. ‹Me la spieghi questa? I mica sono alterata. Non so ~ che merdate hai combinato tu›.
‹Niente, niente ~ io niente ~ siamo state sempre assieme, tutta la notte›, cerca di spiegarsi meglio Marta tirandosi su di colpo. Questo scatto improvviso le provoca un senso di vertigine che la fa sbarellare alla grande. Eva se ne accorge immediatamente; allora ferma la macchina sulla destra e grida: ‹Ma’, ti senti bene Ma’ ~ tutto a posto?›. Ma Marta ha gli occhi fuori fase di brutto. Allora Eva apre la portiera e scende dalla macchina frignando ‹Ma’! Ma’, oh! Merda Ma’› e tre secondi dopo è dall’altro lato della Mini-Cooper con la mano sulla maniglia della portiera; Marta, nell’abitacolo, sembra aver perso i sensi: dopo quel sussulto improvviso è balzata in avanti e ha tirato una testata contro il cruscotto: il colpo è stato così secco e forte da far scattare il fermo del vano portaoggetti, che ora è aperto; Marta si trova sul sedile in una posizione del tutto innaturale, con la testa piantata dentro il cruscotto, le braccia distese e abbandonate lungo i polpacci e le ginocchia aderenti. Eva non sa che fare né da che parte iniziare per tirarla fuori dalla macchina. Pensa che dovrebbe aerare il più possibile l’abitacolo in modo da rendere più agevole la respirazione a Marta; così fa una corsa tutt’intorno alla Mini Cooper e comincia a spalancare tutte le portiere, compreso il portellone posteriore. Ma Marta non dà alcun segno di risveglio. Sembra in preda a un trip psichedelico, a un viaggio estatico, in piena fase di perdita di conoscenza totale.  Eva vorrebbe urlare ma lo stato di agitazione in cui si trova non le permette di emettere nemmeno un singolo suono, ma soltanto di piangere e singhiozzare. ‹Marta! Ma’, mi senti Ma’! ~ dimmi di sì ~ Ma’›, provando a riportarla nella giusta posizione, con la schiena appoggiata al sedile; ma Marta pesa uno strafottio e Eva è di corporatura piuttosto esile, senza una muscolatura ben definita; la circonferenza degli avambracci non supera quella di un tubo di cartone nei rotoli di carta da cucina, per intenderci; inoltre ha mani minute, con dita magroline e ossute ed è esausta, sopraffatta dal senso si sconforto e agitata a palla: riuscire a spostare Marta anche solo di un centimetro equivarrebbe, per lei, a scuotere la torre Eiffel, facendola traballare pericolosamente; Eva non è semplicemente in grado e nelle condizioni di smuovere la superamica. ‹Com’è che, ‘rca troia non passa una macchina quando serveeeee!›, strilla in preda all’isteria. Le strade sono vuote; e la via è buia. Siamo a M*****, centro nevralgico della movida, città eternamente in subbuglio… ma in giro non si vede anima viva. In lontananza si scorge appena una luce blu; la luce blu lampeggia; è una luce strana, opaca, che va e viene; potrebbe essere un lampeggiante oppure un faro segnalatore; o un riflesso di un cartello stradale. Eva decide di richiudere tutte le portiere e risalire in macchina; Marta si trova ancora nella stessa angosciante posizione: testa appoggiata al cruscotto; gambe trette, ginocchia appiccicate; sembra stia dormendo; respira, ma non dà altri segni di vita. Eva avvia il motore e pesta sul pedale dell’acceleratore cercando di avvicinarsi a quella luce blu lampeggiante; la luce da punto diventa bottone, da bottone occhio, da occhio palloncino, da palloncino sfera, da sfera a bagliore: è lì, nella luce, avvolta da quell’inteso blu: un segnalatore di pericolo conficcato in un muretto, ecco di cosa si trattava. Dietro quel muro c’è un cancello; dietro il cancello una casa a due piani con un ampio cortile sul davanti. Eva ferma la macchina e fa per scendere per chiedere aiuto a qualcuno, quando sente una mano fredda appoggiarlesi sulla spalla; si volta, spaventata: Marta le sorride: sembra stare bene, essersi ripresa. 

‹Ma’, Ma’, stai bene Ma’›, ripete come una mitraglia ‹grazie a dio Ma’, cazzo ~ mi pensavo che fossi mezza morta›, tirando un agognato sospiro di sollievo.
‹Sei andata a sbattere, ‘Va!›.
‹Che cosa dici Ma’. A sbattere?›.
‹Sì, sbattere›.
‹No, tu hai perso i sensi Ma’›.
‹No, ‘Va, ti hanno tirata fuori adesso›.
‹Dai i numeri, Ma’? Hai sbattuto la testa contro il cruscotto ~›.
La luce di fronte a lei continua ad emanare raggi blu a intermittenza.
‹Devo scendere e chiedere aiuto, Ma’. Dammi un attimo›.
‹Hanno già chiamato il 118. È tutto a posto, ‘Va›.
‹Chi, chi lo ha chiamato?›.
‹Io›.
‹Tu? E quando?›.
‹Quando sono scesa, subito dopo che sei andata a sbattere›.
Eva sta parlando da un bel po’ con Marta senza rendersi conto che sente soltanto la sua voce e che non si trova più in macchina, ma immersa nella luce blu.
‹E questa luce blu, che è?›.
‹L’ambulanza, Ma’. Sei andata a sbattere, te l’ho detto. Abbiamo fatto un incidente›.
   Le strade qui non sono mai buie e deserte. Mai.

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